Ore 9.00. Incomincia qui alla stazione Tiburtina di Roma il tanto atteso viaggio alla volta di Bologna dove in via del tutto eccezionale viene esposta per la prima volta la tela di Vermeer dal titolo “La ragazza con l’orecchino di perla” suggerito dall’ orecchino la cui grande perla riflette la luce proveniente dall’alto. Chi non conosce questo capolavoro soprattutto dopo la celebrazione avvenuta nel 2000 con il film dal titolo omonimo nel cui cast figura da protagonista un’eterea Scarlett Johansson?
L’opera è considerata un vero e proprio feticcio dell’arte alla stregua de La Gioconda di Leonardo e della Venere di Botticelli. A testimoniare la notorietà, oltre che l’affetto che il quadro suscita nel pubblico, è l’enorme quantità di visitatori che si sono recati alla mostra sin dal suo inizio, ne sono attesi circa 230 mila in 3 mesi.
Quasi a segnare la tappa iniziale di questo cammino, una sorta di pellegrinaggio, che vede come meta ultima Palazzo Fava, dove è allestita la mostra che sarà aperta fino al 25 maggio, trovo, appena uscito dalla stazione, per terra, un po’ annerito dal calpestio, un’ immagine segnaletica circolare adesa al suolo, effigiante la ragazza con l’orecchino, con una freccia indicante la direzione del percorso da seguire per giungere alla mostra.
Proseguendo per via Indipendenza, dopo qualche foto nella splendida Piazza Maggiore e una breve sosta culinaria all’appetitoso ristorante Teresina, dove assaggiamo delle ottime specialità bolognesi, giungiamo al palazzo Fava, splendida sede espositiva della città di Bologna, affrescato al piano nobile dai giovani Annibale, Agostino e Ludovico Carracci definito da Roberto Longhi: “un romanzo storico, immaginato sulla grande pittura precedente” e capace di: “comunicare direttamente ad apertura, non di libro, ma di finestra.”
L’evento coincide con la chiusura per rinnovamento ed ampliamento del Maurithsuis, il museo sito a l’Aia che espone permanentemente le opere quivi esibite… “The Golden Age: da Vermeer a Rembrandt” offre una carrellata di capolavori di pittori del calibro di Rembrandt e Van Hals che resero celeberrima la pittura olandese del XVII e XVIII secolo. Procedendo dalla prima sala dove sono esposti i ritratti degli statolders (governatori d’Olanda), “discendenti “ di quel Guglielmo D’Orange che si immolò per liberare le Fiandre settentrionali dalla dominazione spagnola, arriviamo nella seconda sala dove mi ha molto colpito il “Ritratto di anziano” di Rembrandt per il suo realismo lontano da ogni retorica moraleggiante o da idealizzazione.
Una riflessione che mi giunge spontanea osservando i quadri in mostra è come i pittori fiamminghi avessero una predilezione per il grottesco se non proprio per il brutto come brutta è la bambina nel dipinto “Bambina accanto al seggiolone” di Govert Flinck.
Attraverso le cinque sale arriviamo lì all’ultima, dove ad attenderci c’è lei, la regina dell’esposizione “La ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer il quale fu denominato la “sfinge di Delft” per l’enigmaticità della sua vita e del suo lavoro di cui poco si sapeva.
L’allestimento ha voluto che l’opera fosse messa al centro di un’ampia sala immersa nella penombra, tanto che prima di entrarvi mi sono chiesto se non avessi commesso un errore nel percorso visto che pensavo si trattasse dell’uscita, e invece, appena inclino la testa per sbirciare i miei occhi indugiano sull’ossimoro ottico creato dal contrasto dei colori: il nero dello sfondo del quadro e il giallo luminoso del panno tenuto fermo dalla fascia azzurra che cinge la fronte della fanciulla. Ha le labbra appena schiuse e guarda di sbieco, innocentemente, con sorpresa, lo spettatore che si sente quasi un intruso, come se ella si fosse resa improvvisamente conto della sua presenza mentre era nell’atto di compiere qualcosa. Il fascino dell’opera, a mio avviso, oltre alla maestria della resa pittorica dei colori e dei giochi d’ombra, è proprio nell’aver immerso lo spettatore direttamente nel quadro, quasi che ci fosse un continuum tra la dimensione di esso e quella della realtà. Il gioco di sguardi e il colloquio che silenzioso si instaura magicamente, unito all’assenza di una caratterizzazione spaziale, colloca l’opera su di un piano atemporale, proprio perché sempre attuale, di qui la sua unicità e l’assoluto valore artistico.
Il soggetto, una fanciulla con copricapo costruito a guisa di un turbante turco, vestita con una giacca giallo verde dalla cucitura alta, propria dell’epoca, dipinta tra l’altro in modo sommario, pare non abbia nessun riferimento realistico a persone del tempo. Si tratta di un “tronie”, un sottogenere del ritratto, una sorta di studio in cui erano soliti cimentarsi gli artisti dell’epoca per esercitarsi. I tronie non avevano nessuna corrispondenza esplicita a persone reali e rappresentavano per lo più soggetti idealizzati, ovvero dei tipi umani. Tutto questo però, anche non volutamente, accresce ulteriormente il senso di enigmaticità del quadro. La forte empatia che crea nel pubblico quello che sarebbe quasi un divertissement artistico, riflette la genialità di Vermeer e ne esalta l’attitudine ad una pittura dai toni intimistici da cui scaturisce quasi il carattere di una confidenzialità sublimata.
Quasi a desacralizzare il mito della raffinatezza della ragazza dall’orecchino di perla, oltre alla mancanza di romantici riferimenti autobiografici, potrebbe essere lo stesso “gioiello” che dà il titolo all’ opera: la perla. Pare infatti che nell’Olanda del XVII secolo si usassero solo perle pregiate, ricavate da ostriche o altri molluschi, il che significa che una perla di tali dimensioni, quali quelle nel quadro, dovesse essere molto costosa sicchè solo i ricchi potevano permettersele. È quindi probabile che Vermeer abbia usato come modello una perla di vetro, come le tante che all’epoca giungevano da Venezia, e che venivano poi verniciate per ottenere una lucentezza attenuata.
Seppur smontata del suo esotismo dalla consapevolezza che il turbante deriva dall’assemblaggio di un panno e di una stoffa e sebbene spogliata dei suoi connotati aristocratici dalla scoperta che l’orecchino era di materia non preziosa, la ragazza dall’orecchino di vetro vive fulgente e imperitura di una bellezza che non ha bisogno di fronzoli esteriori bensì di un’innocenza di cui, forse, la stessa pulchritudo è solo pallido riflesso esteriore.
INFORMAZIONI UTILI
La ragazza con l’orecchino di perla
Il mito della Golden Age
Da Vermeer a Rembrandt
Capolavori dal Mauritshuis
Bologna, Palazzo Fava
8 febbraio – 25 maggio 2014
Orari:
da lunedì a giovedì: ore 9-20
venerdì e domenica: ore 9-21
sabato: ore 9-22
Biglietti:
Biglietti con prenotazione
Intero € 13,00
Ridotto € 10,00: studenti universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni
Ridotto € 7,00: minorenni (6-17 anni)
Biglietto integrato per privati comprendente ingresso alla mostra + ingresso alle sedi del circuito museale Genus Bononiae:
intero € 18,00
ridotto € 15,00 (riservato a persone con più di 65 anni)
per i minorenni l’ingresso nel circuito museale di Genus Bononiae è gratuito
Biglietti senza prenotazione (acquistabili solo in mostra)
Intero € 12,00
Ridotto € 9,00: studenti universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni
Ridotto € 6,00: minorenni (6-17 anni)
Sconto € 2 sul biglietto integrato del circuito museale Genus Bononiae per coloro che presenteranno il titolo di accesso alla mostra La ragazza con l’orecchino di perla
per i minorenni l’ingresso nel circuito museale di Genus Bononiae è gratuito
Informazioni:
Tel: 0422 429999
Fax: 0422 308272
biglietto@lineadombra.it
Bravo!!!si rischia di essere facilmente banali quando si descrive un capolavoro come quello di Veermer..
Invece la tua esperienza definirei “emozionalmente interattiva” rende straordinariamente originale la descrizione.